I consoli del Cremlino | Così l’Italia aiuta Putin a eludere le sanzioni

C’è una categoria diplomatica che ricorre sistematicamente nelle inchieste sulle influenze russe in Italia, sull’elusione delle sanzioni europee e sul riciclaggio: i consoli onorari della Federazione Russa.
Protetti da uno status semi-istituzionale e da relazioni capillari con l’apparato statale, questi soggetti agiscono come veri emissari del Cremlino. Da Nord a Sud, gestiscono contatti, promuovono iniziative culturali e commerciali, indirizzano risorse e facilitano operazioni che favoriscono l’economia di guerra russa, aggirando vincoli internazionali.
Il caso più emblematico si trova nel Nord-Est, a Verona, dove Antonio Fallico – già numero uno di Intesa in Russia fino alla chiusura delle attività post invasione dell’Ucraina – è console onorario della Federazione Russa e fondatore dell’Associazione Conoscere Eurasia. Dal Forum Economico Eurasiatico di Verona, poi traslocato a Baku a causa delle sanzioni, è diventato un punto di riferimento per oligarchi e operatori economici russi, contribuendo a creare canali alternativi per il commercio e la finanza attraverso triangolazioni con Bosnia, Turchia e Azerbaigian.

Fallico, che arrivò a Mosca nel 1978, è il decano di un sistema di relazioni che consente anche l’utilizzo culturale e immobiliare del denaro russo. Emblematico il caso della Scuola Piccole Zattere di Venezia, finanziata dall’oligarca Leonid Mikhelson – presidente di Novatek – attraverso la figlia Victoria, usata come figura prestanome per mascherare i fondi.
Spostandosi lungo l’Adriatico, ad Ancona troviamo l’avvocato Marco Ginesi, che ha ereditato la carica dal padre Armando, storico dell’arte e riferimento per i russi nelle Marche. Oltre al consolato, Ginesi gestisce uno studio legale attraverso cui offre consulenze a soggetti russi sotto sanzione, tra cui la potente famiglia Matvienko.
Secondo una fonte riservata, Ginesi avrebbe orchestrato – con la doppia veste di diplomatico e legale – il sistema di società e fondi che celano la vera proprietà di una villa a Pesaro riconducibile a Sergey Matvienko e a sua madre Valentina, figura di vertice del potere putiniano.
Il curriculum diplomatico di Ginesi è costellato di episodi controversi, dall’organizzazione di missioni imprenditoriali italiane nella Crimea occupata fino alla difesa pubblica del regime putiniano per l’arresto degli avvocati di Alexei Navalny.
Nel 2023, l’Ordine degli Avvocati di Milano espresse solidarietà per la detenzione arbitraria dei legali Vadim Kobzev, Alexei Liptser e Igor Sergunin – poi condannati a pene tra i tre e i cinque anni – accusati di aver diffuso i messaggi di Navalny contro la guerra.
Ginesi rispose con una nota formale all’Ordine, definendo la solidarietà «sbrigativa e aprioristica», sostenendo che l’iniziativa rischiava di essere letta «in chiave politica» più che come difesa delle garanzie degli avvocati. Una posizione che di fatto relativizzava la repressione moscovita e avallava la narrazione ufficiale del Cremlino. Naturalmente, Ginesi non si è mai scusato per questa lettera, né qualcuno gli ha chiesto conto di aver preso posizione a favore di un regime che incarcera (e uccide) dissidenti e loro difensori.
In Campania, regione al centro delle polemiche per l’annullata esibizione del direttore d’orchestra putiniano Valery Gergiev, troviamo un altro snodo critico: Vincenzo Schiavo, console onorario a Napoli, vicepresidente nazionale di Confesercenti con delega al Mezzogiorno.
Lo scorso 9 febbraio, Schiavo ha ricevuto la medaglia dell’Ordine dell’Amicizia direttamente dalle mani dell’ambasciatore russo Alexey Paramonov e del console generale Andrey Kharchenko. Il premio, concesso dal Ministero degli Esteri di Mosca, certifica la piena integrazione del console nelle reti di influenza russe.
Il conflitto d’interessi è evidente: da una parte rappresenta ufficialmente una nazione in guerra con l’Europa, dall’altra è ai vertici di una delle principali associazioni di categoria italiane. Dopo gli attacchi del ministero degli Esteri russo al presidente Sergio Mattarella, ci si chiede come Confesercenti possa tollerare che un proprio dirigente ricopra ruoli così compromettenti per gli interessi nazionali.
Tutti questi casi convergono verso una riflessione politica inevitabile: è tempo che il governo italiano revochi le cariche consolari onorarie alla Federazione Russa.
Non si tratta solo di una scelta simbolica, ma di una misura concreta per interrompere le vie parallele – diplomatiche, legali, associative – attraverso cui Mosca continua a finanziare la propria macchina bellica ed eludere le sanzioni.
Chiudere questi rubinetti significa colpire una delle lavatrici di denaro più sofisticate d’Europa. E ridare un senso alla parola “onore” nel titolo di console.


